II Problematica attuale

1 "Setta": una nozione vaga

La definizione della nozione di “setta” è carica di storia, dunque difficile e problematica. Ogni tentativo di attribuirle un contenuto chiaramente delimitato e libero da qualsiasi giudizio di valore è destinato a fallire poiché i punti di vista a partire dai quali si può trattare tale questione sono assai differenti. I termini seguenti lo dimostrano chiaramente: oltre al termine “setta”, si parla anche di “religione dei giovani” (principalmente negli anni Sessanta), “psicogruppo”, “culto distruttore”, “movimento di guru dell’Estremo Oriente”, ”organizzazione occulta”, “organizzazione che lavora al riparo dalla libertà di culto” o, sul piano politico, di “comunità religiosa comunemente chiamata setta dei giovani o psicogruppo” e di “sette e psicogruppi” o anche, più generalmente, di “nuovo movimento religioso”. Quest’ultimo temine contempla anche i termini “audience cult”, “client cult” e “cult movement”, che esprimono piuttosto la forma organizzativa della nozione e vogliono corrispondere “al desiderio di libertà religiosa e di approccio consumistico con un’offerta religiosa da supermercato”. Il fatto che a livello europeo manchi una definizione giuridica del termine “setta” costituisce una difficoltà supplementare.

Setta” è una “nozione di scienza della religione applicato alle comunità religiose minori che si staccano dalla religione principale e per i nuovi gruppi ideologici che sorgono con aspettative religiose, senza tuttavia essersi separati direttamente da una comunità religiosa più grande. Il termine “setta”, tuttavia, è sempre connotato dall’esterno, poiché i gruppi in questione non si riconoscono in quanto tali[3] . Nel linguaggio corrente, questo termine è spesso usato con lo stesso significato di “radicale”, “estremista”, “indottrinante”, “totalitario” o “distruttore” e comporta il pericolo di un deprezzamento globale e di una stigmatizzazione indifferenziata di comunità e di pensieri religiosi. Le associazioni etichettate, o che si sentono etichettate in quanto “sette”, rifiutano tale designazione. Preferiscono essere chiamate “nuovi movimenti religiosi”, termine impiegato nell’ambito delle scienze della religione e nel ramo della sociologia che studia i fenomeni religiosi e che, di conseguenza, è scientificamente neutro, perché conferisce a questi gruppi un'autenticità religiosa. Anch’esso solleva tuttavia numerose domande. Un movimento che si autodefinisce “Chiesa”, che ritiene di essere vittima di “persecuzioni religiose” e la cui sostanza religiosa è piuttosto misera può veramente costituire un “nuovo movimento religioso”? Un movimento che si presenta come movimento religioso nonostante gli indizi contrari può essere qualificato come un’associazione pericolosa, che si spaccia per religione?

Alcuni movimenti adeguano la propria etichetta alle peculiarità dei vari Stati: in un Paese si chiamano “Chiesa”, in un altro “centro di filosofia applicata”, nel quale si dichiarano importunati dalla giustizia e si considerano una “minoranza religiosa perseguitata”. Mentre i movimenti onesti non sono soggetti a conflitti, altri, sospetti, si celano dietro l’etichetta di “nuovi movimenti religiosi”, al fine di poter appellarsi alla protezione della libertà di culto.

Il termine “setta” non è neutro e non costituisce una “categoria scientifica con caratteristiche definite chiaramente per determinate forme religiose o un certo stile di vita[4] . Questa nozione è diventata un argomento di divergenza politica che necessita, proprio per tale motivo, di un approccio più preciso in quanto fenomeno sociale.

2 "Sette": realtà e fenomeno di mercato in una società pluralista

Il fenomeno delle “sette” deve essere considerato nel contesto della società attuale, ossia di una società sempre più caratterizzata dallo smembramento e dall’individualizzazione, dall’aumento della specializzazione professionale e dalla contemporanea trasformazione del mondo del lavoro nonché da un pluralismo sempre più pronunciato nel campo della religione e della filosofia. Ad alcuni bisogni fondamentali dell’essere umano si concede sempre minor spazio: i rapporti sociali si spezzano, la componente creativa del lavoro svanisce, il lato materiale dell’esistenza prevale sul senso delle cose e della vita, le mutazioni, sempre più rapide, favoriscono l’insicurezza e aumentano il potenziale di frustrazione. A ciò si aggiunge il fatto che la società (occidentale) non si orienta più verso valori comuni. In quest’epoca caratterizzata dal cambiamento di valori e dall’insicurezza che ne deriva, le “sette” si propongono quali rifugi: offrono il sentimento di appartenere a una comunità, compensano l’isolamento sociale, danno un’identità agli individui che si sentono diventare numeri e forniscono risposte (spesso assolute) alle domande sul senso delle cose e della vita. In altri termini, le “sette” rispondono a un bisogno di sicurezza, come emerge da uno studio sulle sette effettuato nella Svizzera romanda già nel 1982 [5].

Parallelamente al crescente allineamento delle unità economiche locali, regionali e nazionali alla dimensione globale dell’economia (“economia mondiale”) con la relativa trasformazione socio culturale, si assiste a una globalizzazione sul piano religioso, “caratterizzata dal fatto che determinate “aziende religiose” perseguono una strategia internazionale”. È dunque ovvio che anche il cambiamento religioso abbia luogo su un vero e proprio mercato della religione nel quale i consumatori possono scegliere la propria confessione e soprattutto il proprio sistema di culto.

Dal punto di vista sociologico, la diversità e il gran numero di movimenti sono una delle caratteristiche dell’epoca moderna e postmoderna. Per definire questo fenomeno, è stato coniato il concetto di “cultic milieu” (ambiente di culto):

Occorre dissipare un’ambiguità diffusa: il mercato globale delle questioni religiose non si rivolge a una clientela determinata, chiaramente definita e strutturata, come potrebbe suggerire il termine “sette dei giovani” diffusosi alla fine degli anni Sessanta (anni che segnano anche gli inizi di un’informazione sulle “sette” da parte delle associazioni di genitori interessate). L’interpretazione del fenomeno delle “sette”, in quanto rivelatore di una “crisi dell’individuo”, non deve mascherare il fatto che il fenomeno ha anche una dimensione sociale o, come ha affermato una delle persone sentite, “siamo tutti potenziali vittime delle sette”. Persone convinte della propria concezione di vita rinunciano a una vita impegnata molto più di quanto non si pensi comunemente. Altri si spingono sino ad abbandonare conoscenze scientificamente convalidate per adottare principi pseudoscientifici.

In futuro, lo smembramento e la diffusione ulteriori di forme e contenuti religiosi e pseudoreligiosi non potranno più essere arrestati. La conseguenza sarà un aumento degli eccessi, che si tratti di drammi individuali “celati”, “non spettacolari”, o di stragi collettive, esplosive, dunque “spettacolari”. Non è tuttavia appropriato parlare di “epidemia” per diversi motivi: innanzitutto poiché, secondo questo termine, scoprendo un vaccino si trova una soluzione semplice. Secondariamente, il mercato molto “vasto” della religione e l’ambiente di culto molto permeabile - il “turismo” degli adepti è notevole fra i diversi movimenti - non possono essere considerati e giudicati in blocco. In terzo luogo, le persone interessate non devono essere interdette ma devono essere prese sul serio. Infine, il fenomeno è troppo dinamico, la rapida evoluzione pone problemi enormi all’osservatore: “quello che scrive oggi sarà ancora valido domani? Le tendenze rimarranno le stesse? I gruppi attualmente ancora sconosciuti si ritroveranno in primo piano sulla scena delle religioni minoritarie? [7]

L’aumento delle tecniche e delle confessioni religiose non significa tuttavia “che il numero degli adepti aumenti nella stessa misura. Gli effettivi di numerosi gruppi sono comunque limitati[8]. Oltre ai veri e propri drammi, i pericoli oggettivi e reali per l’essere umano sono l’allontanamento dalla società e la perdita della coscienza politica. Questi pericoli non devono in alcun caso essere sottovalutati o ritenuti manifestazioni isolate ma, dato che tutti sono potenzialmente interessati, devono essere considerati un problema sociale e politico. La società è dunque responsabile, perché deve rispondere preventivamente ai traviamenti e agli eccessi impiegando mezzi adeguati su ampia scala. Per questo motivo, è necessario individuare le strutture, le caratteristiche e i metodi propri ai movimenti religiosi, spirituali, esoterici e alle offerte che si trovano sul mercato dell’assistenza spirituale e che, se sono problematici o pericolosi, possono generare un potenziale di conflittualità.

3 Il punto della situazione

Dal punto di vista quantitativo, i dati sono divergenti. Basandosi sul censimento federale del 1990, Jean-François Mayer ha rilevato che meno del 2 per cento della popolazione svizzera riconosce di appartenere a un “gruppo costituito” a partire da una confessione religiosa (“croyances”) che si distanzia dalle grandi religioni; questi membri fanno parte di circa 300 gruppi religiosi. In un altro punto, lo stesso autore parla di una percentuale “inferiore al 3 per cento” e di “almeno 200-300 gruppi” [9] , in un altro punto ancora di “300-600 gruppi”. Il gruppo di lavoro ecumenico “Nuovi movimenti religiosi in Svizzera” parla di oltre 600 gruppi [10] , come pure il giornalista Hugo Stamm. Secondo il professor Georg Schmied del servizio d’informazione delle Chiese evangeliche svizzero-tedesche, nella settima edizione del manuale di Oswald Eggenberger, che è in fase di preparazione, si parla di 700-800 movimenti. Le differenze fra queste cifre [11] derivano, da un lato, dall’approccio dei diversi autori e, dall’altro, dal fenomeno in quanto tale. Dunque, non tutti i gruppi sono costituiti in associazioni per cui non sono o non possono essere considerati nelle statistiche. Per tale motivo, bisogna partire dal presupposto che vi è una zona grigia, confusa, non strutturata e non quantificabile che comporta il rischio di focalizzare l’interesse su pochi gruppi conosciuti. Dalle statistiche risulta tuttavia che la Svizzera (con la Gran Bretagna e l’Olanda) è il Paese in cui proliferano maggiormente i movimenti religiosi.

Secondo il censimento federale, nel 1990 il 39,98 per cento della popolazione (circa 2,7 milioni) era protestante [12] (1980: 44,3%) e il 46,32 per cento era cattolico [13] (circa 3,1 milioni) (1980: 47,9%). Circa 58'000 persone avevano indicato di appartenere a un’”altra comunità religiosa cristiana” [14] e 30'000 ad ”altre comunità e filosofie religiose” (delle quali fanno parte, per esempio, anche i buddisti). 17’500 persone avevano dichiarato di appartenere alla comunità religiosa israelita e 152'000 a quella maomettana. Circa 51'000 persone non hanno indicato “alcuna appartenenza”, mentre 100'000 persone non avevano fornito alcuna indicazione riguardo alle loro preferenze religiose. Il numero di coloro che dichiarano di non appartenere ad alcuna religione è aumentato dal 3,8 per cento nel 1980 al 7,4 per cento nel 1990. Per un numero sempre maggiore di persone religiose, le due maggiori Chiese cristiane non rappresentano più la norma nelle questioni religiose e si valuta che, attualmente, circa un quinto degli Svizzeri dichiara di non appartenere a nessuna religione o confessione.

Queste cifre, associate alla constatazione secondo la quale, per esempio, i Testimoni di Geova hanno contribuito all’integrazione sociale degli immigranti italiani, spagnoli e portoghesi, consentono di dedurre che il paesaggio religioso svizzero, nella sua molteplicità, si avvicina notevolmente ai modelli religiosi di altri Stati della nostra cerchia culturale: una “nuova situazione in un Paese che non ha mai avuto una tradizione coloniale e non si definisce un Paese d’immigrazione” [15].

La Svizzera è considerata un “Paese d’importazione per praticamente ogni movimento”. Essa ha anche le proprie associazioni (Methernita, Uriella ecc.), ma praticamente non esporta nessuna mistica.

I numerosi commenti dei media in merito allo studio effettuato dall’Istituto di etica sociale di Losanna sull’appartenenza religiosa e confessionale in Svizzera [16] hanno interpretato l’aumento delle persone “senza confessione” (circa il 12% della popolazione, ovvero 500'000 persone) come un fenomeno di “irreligiosità”. Vi sono sempre più persone che affermano di non avere legami con nessuna organizzazione religiosa ma di avere una propria credenza: “Siamo in una società caratterizzata dall’abbondanza piuttosto che dalla scarsità di culti, sotto forme diverse e variate”.

In Svizzera, le associazioni classificate nella categoria “nuovi movimenti religiosi” e che non possono rientrare nel pensiero cristiano nel senso più ampio del termine hanno cominciato a prendere piede negli anni Cinquanta e Sessanta. Da un lato si tratta di un’”importazione culturale” proveniente dall’India, dal Giappone, dal mondo culturale asiatico e dal mondo dell’esoterismo e dall’altro di “innovazioni culturali” nel pensiero occidentale senza riferimenti alla tradizione cristiana (per esempio Scientology). È piuttosto raro incontrare nuove religioni indigene. Sebbene la Svizzera sia considerata un centro estremamente importante nel cosiddetto mercato della religione, la sua evoluzione non differisce molto da quella di altri Stati poiché, “attualmente, con la crisi dell’individuo, ogni società occidentale è soggetta al fenomeno delle sette”. Il benessere economico influenza senza dubbio questo processo: “la categoria delle persone ricche e infelici è abbastanza diffusa in Svizzera”.

Alcune delle persone sentite ritengono che il mercato religioso in Svizzera, con una domanda spirituale e un’offerta molto vasta di movimenti e orientamenti, si regoli da sé per due motivi. Innanzitutto, l’abbondanza dell’offerta non costituisce il terreno migliore affinché tali movimenti attecchiscano durevolmente e stabilmente [17] e, in secondo luogo, “in condizioni economiche normali, le politiche e le religioni estreme si equilibrano. Gli Svizzeri nutrono un’avversione per le situazioni estreme”.

Dopo la strage dell’OTS, è necessario relativizzare l’opinione, espressa a più riprese durante le audizioni, secondo la quale la Svizzera romanda sarebbe più tollerante della Svizzera tedesca nei confronti dei movimenti indottrinanti: è interessante constatare che è proprio la Svizzera romanda che cerca di istituire una collaborazione intercantonale. Inoltre, l’influenza del Paese confinante, ossia la Germania, la Francia e l’Italia, sul gruppo linguistico svizzero corrispondente è nota.

4 Analisi della Commissione

41 Osservazione preliminare: diritti dell’uomo, diritti fondamentali e Stato di diritto quali garanti della libertà, pari opportunità e tolleranza

La Commissione era d’accordo sin dall’inizio sul fatto che il suo esame non poteva estendersi ai contenuti religiosi, ideologici o di altro tipo, ai quali l’uomo ricorre da sempre per spiegare l’esistenza umana. L’oggetto del suo lavoro non poteva nemmeno essere orientato verso la libertà necessaria alla ricerca della verità o allo spazio indispensabile allo sviluppo della spiritualità. Per quanto attiene al ruolo dello Stato, la Commissione ritiene che non si debba toccare uno dei diritti fondamentali più antichi sanciti nelle costituzioni degli Stati europei, ossia il diritto fondamentale che tutela l’individuo dalle ingerenze dello Stato.

A questo proposito, l’articolo 15 della nuova Costituzione federale del 18 dicembre 1998 sancisce il rispetto di tale principio fondamentale: esso garantisce la libertà di credo e di coscienza, la libera scelta in materia di religione o di convinzioni filosofiche, il diritto di professarle “individualmente o in comunità”, nonché il “diritto di aderire a una comunità religiosa, di farne parte e di seguire un insegnamento religioso”. Tali garanzie sono inoltre contemplate dall’articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e dall’articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici: gli Stati sono tenuti -anche nel loro proprio interesse - a lottare contro l’intolleranza e la discriminazione basate su convinzioni religiose e di credo, affinché possano vivere in pace entro le proprie frontiere e con gli altri Stati [18].

In contropartita della garanzia di tale libertà, l’articolo 15 capoverso 4 della nuova Costituzione vieta ogni costrizione in merito: “Nessuno può essere costretto ad aderire a una comunità religiosa o a farne parte, nonché a compiere un atto religioso o a seguire un insegnamento religioso” [19] .

E proprio fondandosi su questo ultimo punto, la Commissione ritiene che i diritti dell’uomo, i valori fondamentali riconosciuti, il principio delle libertà fondamentali (per esempio l’autonomia di decisione) e i principi di base della democrazia non debbano essere violati neppure in nome di un culto. Nel contempo, essa è consapevole del fatto che le limitazioni dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione necessitano di condizioni specifiche: devono essere nell’interesse della collettività, fondarsi su una base legale e rispettare il principio della proporzionalità. Anche gli articoli 9 CEDU e 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, d’altronde, prevedono la possibilità di limitare tali libertà definendo le condizioni alle quali la limitazione può avvenire [20] .

Se la ricerca della verità sotto forma di impegno religioso portasse in ogni caso a una maggiore libertà, il presente esame non avrebbe ragione di esistere. Purtroppo, è spesso vero il contrario, poiché vi sono casi in cui i diritti fondamentali democratici dell’individuo (per esempio il libero arbitrio, la libertà di espressione o persino l’integrità fisica) sono violati.

42 Sguardo alle strutture e alle caratteristiche

421 Componenti dinamiche

Il fenomeno delle “sette” non è di natura specificatamente cristiana ma si incontra in tutte le grandi religioni.

Dal profilo sociologico, il termine “setta” ha il significato di “minoranza dissidente” e caratterizza attitudini quali l’intolleranza o il proselitismo aggressivo (propaganda importuna per tentare di imporre un culto o un’ideologia). Tali caratteristiche non si limitano alle “sette” quali comunità religiose particolari ma si incontrano anche nelle religioni e nelle chiese tradizionali, nei partiti, nelle associazioni ecc. In altre parole, queste affermazioni si possono riassumere dicendo che “ogni comunità è una setta potenziale che si sopravvaluta: ogni villaggio “di Sopra” si crede migliore del villaggio “di Sotto”... La percezione del gruppo va dalla semplice considerazione del proprio particolarismo sino a farlo assurgere a valore e senso assoluto”. Queste caratteristiche non devono essere intese in senso statico bensì come una componente dinamica e una dimensione verticale di un comportamento che può evolvere per diventare sempre più settario (raramente è stato constatato il contrario). Come può esservi una tendenza a un settarismo sempre più pronunciato, è anche possibile un’evoluzione verso una maggiore apertura e una volontà di dialogo. A tale proposito, il professor Georg Schmid ha sviluppato un modello che chiama “termometro delle sette” e che ha presentato anche alla Commissione. Esso illustra i diversi gradi di settarismo:

• „I grado: La sensazione di essere qualcosa di particolare è normale per ogni comunità umana, per le chiese nazionali, i partiti, le associazioni sportive ecc.

• II grado: Non ci si sente soltanto particolari, bensì migliori degli altri. Anche questo sentimento è normale: se io non considerassi la mia Chiesa o il mio partito politico migliore di un altro, non ne farei parte. D’altronde, anche gli altri appartengono a comunità che reputano essere migliori.

• III grado: Appartengo al gruppo migliore, al quale tutti dovrebbero conformarsi. In questo grado si delinea una pressione missionaria, un impulso missionario a fare propaganda per il proprio gruppo. In questo gruppo non rientrano le chiese nazionali, bensì le correnti che ne derivano: le chiese libere danno prova di un’attività “propagandistica” maggiore. L’appartenenza a questo III grado è dimostrata principalmente dalla loro testimonianza di Cristo: tutti dovrebbero credere a Cristo come credono loro.

• IV grado (grado del fondamentalismo): Saremo gli unici a conoscere la salvezza eterna e siamo depositari della verità divina (anche se non ne possediamo l’esclusiva). La dottrina è perfetta e benedetta dal cielo. Chi professa e crede come me è nella verità; chi professa e crede diversamente da me diventa schiavo dei suoi pensieri o di pensieri demoniaci. Chi non segue la nostra fede “è perso”. I fondamentalisti deificano la propria dottrina. La setta completamente sviluppata può arrivare sino alla divinizzazione del gruppo stesso. [...] Le chiese nazionali non appartengono più a questo grado, sebbene vi abbiano appartenuto in passato (anche le grandi comunità possono raggiungere gradi elevati su questa scala).

Molte persone e molti psicogruppi raggiungono il IV grado di settarismo [...].

• V grado: “Saremo gli unici a conoscere la salvezza eterna e gli unici in cielo”. Gli altri sono oggetti dell’attività missionaria o possono solo essere dannati. Le persone che non hanno fede devono assolutamente essere evitate, poiché la loro miscredenza è demoniaca.

• VI grado: Il gruppo tenta di escludere i miscredenti dal proprio orizzonte; la separazione dal mondo inizia in questo stadio: solo la setta ha il diritto di vivere sulla terra (parola chiave: mania di persecuzione). Chi è depravato non ha diritto di vivere e brucerà comunque all’inferno: quindi, perché non accendere subito un fuocherello? Il fatto di ignorare le altre persone mostra un pensiero inquisitore sotto forma di inquisizione psichica. [...] Chi esce da un gruppo a questo livello di settarismo non esiste più per gli altri adepti (neanche per i membri della famiglia): quando lo incrociano per strada, volgono lo sguardo...

• VII grado: La megalomania della setta si trasforma in mania di persecuzione verso l’esterno e, parallelamente, in delirio di onnipotenza all’interno (“quando penso a qualcosa, diventa realtà”). [...] Il delirio di onnipotenza si sviluppa quasi automaticamente in assenza di critica. Chi denuncia questo delirio diventa un nemico mortale (a causa della mania di persecuzione). Questa mania si sviluppa a sua volta a causa della volontà sempre più forte di ignorare il mondo esterno. La setta comincia a demonizzare ogni critica proveniente dal mondo esterno; la conseguenza è il grado seguente.

• VIII grado: Una scintilla conduce alla catastrofe, non per tutto il mondo, ma per il gruppo, che scompare. Il delirio di onnipotenza e la mania di persecuzione si incontrano per culminare in un furore collettivo omicida.

I criteri principali che rivelano questa dinamica sono le discussioni interne e i dibattiti aperti. Fintanto che si svolgono discussioni e dibattiti, il gruppo resta a un grado inferiore. Se sono repressi, invece, il gruppo si spinge verso un grado superiore della scala. Il rapporto fra l’esistenza di discussioni interne e il grado di settarismo è palese.

422 Visione dell’universo e dell’uomo e loro “comunicazione”

Alcune caratteristiche formali e strutturali e la visione dell’universo e dell’uomo illustrano la relazione dei gruppi con i loro membri e la società:

• Percezione ridotta, manichea e generalmente schematica della realtà, che si accompagna in parte con un “sapere occulto”; qualsiasi relativizzazione o posizione intermedia è impossibile.

• Esistenza di modelli di soluzioni universali, sia individuali che globali, chiari e immanenti.

• Strutture gerarchiche caratterizzate da uno spirito di subordinazione e di controllo reciproco che comportano l’assoggettamento a un’autorità superiore: decisione e responsabilità sono delegate a una “competenza più alta” [21].

Un guru assolutista, un profeta, un messia o un salvatore, uomo o donna, alla testa del gruppo pretende di conoscere la via che porta alla salvezza assoluta ed esalta una concezione elaborata, altrettanto assoluta, che non collima con le esperienze umane conosciute nel campo mistico-spirituale. Inoltre, tale “istanza superiore” può vivere ovunque o essere morta, dunque in entrambi i casi inaccessibile. Può anche succedere che il gruppo si appelli a una dottrina indipendente da qualsiasi persona.

• La verità del gruppo è inconfutabile e non ammette critiche. È imposta radicalmente, talvolta ricorrendo a mezzi estremi: si inventano teorie di cospirazione [22] (dall’esterno), si fomenta e si sfrutta la paura (degli individui all’interno del gruppo), si creano e si rafforzano dipendenze (mediante incontri quotidiani, isolamento del gruppo, isolamento dei membri, controllo da parte del gruppo ecc.) e si istituzionalizza tale verità per mezzo di tecniche di indottrinamento e di manipolazione (processi di dinamica di gruppo, rituali o linguaggio artificiale).

La forza con cui queste caratteristiche si manifestano dipende dalle dimensioni, dall’età e dalla struttura organizzativa del gruppo e dalla complessità della dottrina. È anche possibile avvalersi di queste caratteristiche per valutare le correnti integraliste o i movimenti interni delle religioni riconosciute. Si tratta infatti di elementi di base e di meccanismi schematici identici che generalmente si ritrovano nelle comunità più disparate che, di primo acchito, non sembrano paragonabili. L’esperienza mostra che, quando parecchie di queste caratteristiche, variabili nel loro orientamento, si manifestano con una certa intensità in seno a un gruppo, è possibile concludere che vi è indottrinamento e manipolazione, sebbene non sia facile provarlo nei singoli casi. L’esame di associazioni sospette in funzione delle loro caratteristiche consente di rinunciare all’uso di termini quali “setta”, “psicogruppo”, “nuovo culto religioso”, “movimento di guru dell’Estremo Oriente”, “organizzazione occulta” ecc. e, di conseguenza, alla loro definizione.

Lo stesso vale anche per i termini più generali come “comunità religiosa” o “Chiesa”, che alcune associazioni impiegano al fine di non essere etichettate quali “sette” e di non essere criticate. Inversamente, anche le chiese possono presentare tratti settari. Secondo le persone sentite, un approccio che faccia riferimento alle caratteristiche illustrate e alle strutture interne non lede la libertà di culto e di coscienza garantita dalla Costituzione. Allo Stato non può dunque essere rivolta la critica di voler valutare e giudicare le concezioni e le idee del gruppo.

Tuttavia, le strutture, i metodi e i contenuti non possono essere sempre separati nettamente gli uni dagli altri. Non è possibile rinunciare a una riflessione in merito al contenuto e all’ideologia se l’ideologia, sempre basata su una visione dell’uomo, costituisce parte del metodo. Se tale ideologia è razzista o fascista e se è propagandata apertamente, le basi legali attuali (art. 261 bis del Codice penale: “Discriminazione razziale”) consentono già di intervenire (il che non è possibile se la diffusione avviene in cerchie chiuse e private, ciò che dimostra l’importanza dell’informazione). I pericoli legati a tendenze razziste o antisemite, oppure di estrema destra nonché fascistoidi possono manifestarsi a diversi livelli [23]:

• movimenti o pubblicazioni che esprimono apertamente opinioni razziste, antisemite o negazioniste;

• dottrine che si rifanno in modo acritico a correnti di pensiero razziste o antisemite sviluppate in un’epoca diversa e che rispecchiavano la mentalità di quel tempo (più pericolose, ma più difficili da evidenziare). In questo contesto, è indispensabile che i sostenitori di tali dottrine sottopongano la tradizione di pensiero in questione a un riesame critico, che prendano le distanze dai suoi elementi razzisti e, eventualmente, che ne sia data un’interpretazione dal punto di vista religioso o teologico;

• dottrine antidemocratiche che rimettono in discussione i valori umanitari e ugualitari su cui si fonda la nostra società.

Inoltre, una separazione netta è impossibile anche quando un metodo lesivo dei diritti fondamentali è un prodotto o una propagazione dell’ideologia. È il caso, per esempio, quando la critica interna del gruppo è interpretata come una “tentazione di Satana” o è imputata a una mancanza di lealtà verso il gruppo e quando è sottoposta a sanzioni da parte di “comitati di giustizia” interni.

Anche lo sfruttamento sessuale può trovare le sue radici nelle strutture interne del gruppo, nel potere, nell’obbedienza e nella sottomissione, ma può anche essere giustificato da ragioni ideologiche, in particolare quando diventa un “atto sacro” o quando risulta dalla preferenza per un membro particolare designato come “l’eletto del guru” e che si considera tale. Queste tristi pratiche, le cui vittime sono spesso bambini, si distinguono dallo sfruttamento sessuale che si incontra generalmente nella società, in quanto i colpevoli non agiscono in modo isolato o spinti da motivi individuali.

 

 

NOTE

[3] Secondo il Meyers Lexikon.

[4] Flammer Philippe: “Sekte: Können wir auf dieses Wort verzichten?” Relazione presso la Paulus-Akademie di Zurigo del 16 e 17 marzo 1996 sul tema “Missbrauchte Sehnsucht. Oder: Was ist eine Sekte?”, in: infoSekta, Rapporto di attività 1996, p. 20 e segg.

[5] Campiche Roland F.: Les sectes religieuses: sociétés dans la société suisse romande, in: Repères, Revue romande, n. 4, 1982, p. 8 e segg.

[6] Mayer Jean-François: Sekten und alternative Religiosität, in: Hugger Paul (ed.): Handbuch der schweizerischen Volkskultur. Leben zwischen Tradition und Moderne - ein Panorama des schweizerischen Alltags, Volume 3, Zurigo 1992, p. 1482.

[7] Mayer, Sekten und alternative Religiosität, p. 1472.

[8] Mayer, Sekten und alternative Religiosität, p. 1472.

[9] Mayer Jean-François, La liberté religieuse à l’heure du pluralisme. Rutherford Institute, Rapport sur la Suisse, Parigi, agosto 1997, p. 3.

[10] Gruppo di lavoro ecumenico “Neue religiöse Bewegungen in der Schweiz” - Entwicklungen 1979-1997, p. 5.

[11] Il rapporto di una commissione parlamentare d’inchiesta francese sottolinea la difficoltà di effettuare una valutazione quantitativa. Les sectes en France, rapport parlementaire, Parigi 1996, p. 41.

[12] Chiesa evangelico-riformata, Chiesa evangelica metodista, altre Chiese protestanti.

[13] Chiesa cattolico-romana, Chiesa cattolico-cristiana, Chiese ortodosse dell’Est, Chiese orientali.

[14] Chiesa neoapostolica (circa 30'000), Testimoni di Geova (19’500), altre comunità religiose cristiane (8'300).

[15] Roland Campiche e Claude Bovay, citazione da : Mayer Jean-François: Suisse: La liberté religieuse ..., p. 2.

[16] Ufficio federale di statistica: L’évolution de l’appartenance religieuse et confessionnelle en Suisse, Berna 1997.

[17] Mayer, Sekten und alternative Religiosität, p. 1480. L’osservazione del carattere d’importazione praticamente esclusivo si incontra anche in Campiche, op. cit., p. 10.

[18] Cfr. la posizione della delegazione svizzera alla riunuione dell’OSCE in merito alla libertà di religione (Vienna, 22 marzo 1999)

[19] La disposizione corrispondente nel diritto internazionale è contenuta nell’articolo 18 capoverso 2 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

[20] Art. 9 cpv. 2 CEDU: “La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.”

Art. 18 cpv. 3 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici: “La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico e della sanità pubblica, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali.”

[21] Gasper e altri, Lexikon der Sekten, Sondergruppen und Weltanschauungen, p. 977.

[22] Alle nostre latitudini, le teorie di cospirazione tendono quasi sempre all’antisemitismo; cfr. a proposito Tangram; bollettino della Commissione federale contro il razzismo, n. 6, “Religion und Esoterik auf Abwegen?”/”Religion et ésotérisme à la dérive?”

[23] cfr. diversi interventi in Tangram, n. 6

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Sat, Dec 18, 1999